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“E la cucina era, come in tutte le case ancora patriarcali, l’ambiente più abitato, più tiepido di vita e d’intimità”
La cucina è lo sfondo della vita domestica, un ambiente semplice ed essenziale diventa il palcoscenico sul quale
va in scena una quotidianità che si esprime nei gesti, nelle azioni e nei riti per i quali diventano protagonisti
oggetti e accessori chiamati a interpretare lo spazio, a rendere unica ogni casa. La semplicità compositiva
e formale dei sistemi cucina può essere considerata un foglio bianco su cui scrivere un racconto, la pulizia estetica
diventa una trama di sottofondo da popolare con oggetti d’uso comune, ma scelti in base al proprio gusto
e alle proprie esigenze. Nel romanzo di Grazia Deledda, Premio Nobel per la letteratura nel 1926, esemplare
è la descrizione della cucina che è insieme luogo di ritrovo, dispensa e rifugio notturno per qualche errante in
cerca di calore e ristoro.
The kitchen is the background to our domestic life; a simple and essential space becomes the stage for our daily
lives, expressed through our gestures, our actions, our rituals, for which objects and accessories become the
protagonists, called upon to interpret the space, to make every home unique. The compositional and formal
simplicity of kitchen systems can be considered a blank piece of paper on which to write a story, visual order sets
the scene that will be populated by everyday objects, common objects, yet specifically selected to suit individual
styles and needs. In the novel by Grazia Deledda, winner of the Nobel Prize for literature in 1926, we are treated
to an exemplary description of the kitchen, which is both a meeting place, an area of preparation, a night-time
refuge for lost souls in search of food and warmth.
“AND THE K I TCHEN, JUS T L I KE IN ALL
PATR I ARCHAL HOME S ,
WAS THE SPACE MOS T L I VED,
MOS T F I LLED WI TH L I FE , MOS T INT IMATE”